L’edificio fu eretto nel 1470, in adempimento di un voto, fatto dalla Comunità di Clusone durante una pestilenza.
Negli “Atti della Visita Apostolica di S. Carlo Borromeo”, avvenuta nel settembre del 1575, è indicata come “Oratorio quasi campestre”; oggi invece, pur conservando uno spazio di rispetto, fa da anello di congiunzione tra il centro storico e la zona residenziale che si è andata formando a nord-est.
La struttura è quella delle chiese del tardo quattrocento: una navata con arco di pietra che regge la trabeazione del soffitto; il presbiterio con voltino a spicchi, unificati in alto attorno ad una medaglia di pietra nella quale è scolpito l’Agnello Pasquale e poggianti, in basso, su quattro mensole, pure di pietra lavorata. È illuminata da due finestrelle gotiche aperte sulla parete a mezzogiorno; le altre due aperte a fianco della porta principale, basse e rettangolari, più che illuminare consentono ai passanti la visione e la preghiera dall’esterno.
Più tardi la facciata, sulla quale fa spicco un bel portale in pietra, fu protetta da un portico a tre arcate, che però occultò per tanti anni il trittico affrescato sulla cimasa. Durante l’imperversare della peste del 1630, i locali chiesa e sacrestia furono adibiti a residenza di due Padri Riformati, venuti a Clusone per assistere gli appestati. In seguito alla legge del 23 aprile 1806 emanata dal Regno Italico, passò al demanio e fu usata come magazzino, con grave danno per le pitture murali.Generosi clusonesi capeggiati dall’arciprete Giovanni Rizzoli, riuscirono a riscattarla, e ottennero di riaprirla al culto il 2 gennaio 1895, giorno che il calendario dedica a S. Defendente.
Si ricostruì anche il campanile che era stato semidistrutto all’epoca della Repubblica Cisalpina
Le pitture murali di S. Defendente, complessivamente cinquantadue composizioni, interessano il periodo tra il 1470 e il 1600. Ad eccezione della composizione absidale, oggi in gran parte perduta, e di quelle esterne affrescate nelle lunette sopra le porte (Natività tra Santi e Pietà), appartenenti alla primitiva decorazione della chiesa, sono tutte degli ex-voto, riproducenti, con varietà grafica e interpretativa, i santi più invocati nelle ricorrenti pestilenze, o in occasione di particolari bisogni.
S. Rocco è presente in ventisei composizioni, S. Defendente in venticinque, la Madonna col Bambino in dieci. Ma ci sono anche, S. Lucia, S. Antonio Abate, S. Caterina d’Alessandria, S. Martino da Tours, S. Francesco da Paola; anche loro, in frequenti circostanze e a diverso titolo, invocati.
Composizioni eseguite in tempi diversi, ma con un certo ordine nella ripartizione e utilizzazione dei ridotti spazi disponibili (vedi le pareti del presbiterio). Costituiscono un ricco repertorio iconografico, dal quale si possono rilevare i momenti devozionali, i gusti estetici e le classificazioni sociali di quasi duecento anni. Un altro dato interessantissimo di queste pitture è l’insistenza paesaggistica; possono fornire ottimo materiale per lo studio dell’ambiente naturale in quel periodo.